L’Europa in Italia dietro le primarie.

Dietro lo scontro Bersani/Renzi ci sono due modelli diversi di società, quello liberista a cui si oppone quello progressista maturato nel Partito Socialista Europeo. Messa da parte la rottamazione, il rinnovamento politico non appare esclusiva di Renzi, anche Bersani lavora con giovani per idee nuove. In primo piano la discontinuità di Bersani verso Monti per un pensiero che sia post-Blair. Sullo sfondo l’idea di Europa del futuro. In nota le informazioni per chi è all’estero e vuole votare alle primarie.

Lo scontro, senza esclusione di colpi, nel Partito Democratico in vista delle Primarie* di coalizione del prossimo 25 novembre tra il leader del Pd, Pier Luigi Bersani e il Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, con Governatore della Puglia, Nichi Vendola in strandy bay per guai giudiziari e comunque più nel ruolo di comparsa che di protagonista, è culturale e politico, poi generazionale.

mondo_sostenuto.jpg E’ culturale politico perché è strettamente connesso alla sfida aperta in Europa tra due modelli di società: quello messo in piedi dalle forze neoliberiste basato sostanzialmente sul denaro, il guadagno e l’arricchimento facili, il consumismo sfrenato, l’individualismo esasperato che di fatto ha cancellato la società, la collettività; l’altro, quello abbozzato un anno fa alla Progressive Convention del Pse a Bruxelles, ossia ‘le società progressiste’ basato sul primato della politica e quindi della cultura e della società sull’economia, la finanza, i mercati finanziari.

E allora bisogna leggere gli avvenimenti dell’ultimo anno. Le vittorie del socialista François Hollande alle Presidenziali francesi (6 maggio) sul conservatore Nicolas Sarkozy e poi del suo partito, il PS francese (11 giugno) alle politiche con la conquista della maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, più quella della Spd tedesca (9 maggio) alle regionali nel Nord-Reno Westfalia sulla Cdu di Angela Merkel, hanno riaperto i giochi in Europa.

Queste importanti vittorie sono state precedute dalla revisione strategica del Partito Socialista Europeo della ben nota ‘terza via’ e dall’avvio, alla Progressive Convention del 25 novembre 2011, della ricerca sui valori fondamentali della Socialdemocrazia del XXI° secolo. L’obiettivo è costruire ‘le società progressiste’ alternative al modello di società edificato dal neoliberismo, l’ideologia che ha dominato gli ultimi vent’anni e contagiato partiti progressisti come il Labour di Tony Blair, la Spd di Gerhard Schroeder e lo stesso Partito Democratico.

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La ricerca sui valori fondamentali è la base del progetto culturale e politico con cui il Pse affronterà alle elezioni del 2014 la sfida culturale e politica con le forze neoliberiste, moderate e conservatrici. “L’opposto del capitalismo è il socialismo. Una società socialdemocratica, con una base democratica, una cornice costituzionale democratica una giustizia sociale è l’opposto della società capitalistica”, è stata la parola d’ordine alla Convention di Martin Schulz prima di esser eletto Presidente del Parlamento Europeo.

Questi sono stati i punti del programma di Hollande alle Presidenziali francesi: liberté, égalité, laïcité e un quarto in cui ha individuato l’avversario da battere: la finanza.

pier-luigi-bersani_10330.jpg Nel rimescolamento di carte, tra revisione strategica e ricerca dei valori fondamentali della Socialdemocrazia del XXI°, si è calato con decisione e coraggio il leader del Pd, Pier Luigi Bersani che, anche sotto la spinta dei suoi eurodeputati nel gruppo ‘Socialisti e Democratici’ al Parlamento europeo, ha inellato incontri con gli omologhi della Spd, (Sigmar Gabriel), del Psf (Martine Aubry) e con lo stesso Hollande, fino alla firma (17 marzo) del Manifesto di Parigi per la ‘rinascita’ dell’Europa.

L’attivismo di Bersani in campo europeo si è ripetuto in queste settimane con un’altra serie di incontri con Gabriel a Roma e poi con Hollande all’Eliseo per chiudere con l’intervento al Congresso del Psf di Tolosa dove tra l’altro è stato presentato con il termine ‘camarade’ aborrito in Italia.

Tutto ciò ha generato di fatto una rottura irreversibile con il passato: con la filosofia dei due governi di centro-sinistra (1998 e 2008) e con la gestione di Walter Veltroni, schiacciata sulla ‘terza via blairiana’ da cui sono sparite le parole ‘socialismo’ o ‘socialdemocrazia’ e il richiamo al ‘riformismo’ è stato formale. E non a caso al Congresso di Tolosa, Bersani ha pronunciato parole come ‘socialisti’ e ‘socialismo’ tante volte quante ‘progressisti’.

renzi-space24-258.jpg Il rinnovamento culturale e politico avviato da Bersani è gradualmente diventato generazionale: ha imposto cioè una nuova squadra. “E non per ragioni anagrafiche, ma perché diamo un giudizio critico delle esperienze di governo del centro-sinistra. Vorrei che si partisse dalle ragioni per cui è necessario il rinnovamento. Che non significa pensare di rottamare o pensionare qualcuno”, sostiene Matteo Orfini, responsabile della Cultura e dell’Informazione del Pd. Renzi? “Si propone come il prosecutore delle politiche del centro-sinistra degli anni Novanta, la terza via che ha dominato il socialismo europeo.

Oggi, per uscire dalla crisi, bisogna fare scelte diverse da quelle dei governi di sinistra degli ultimi vent’anni”
, aggiunge Orfini. La rottura è così giunta al classico ‘punto di non ritorno’ e ora il Pd si è incamminato nella ricerca di un ‘pensiero nuovo’ perché vuole andare “post Blair” e capire come il Pse “cosa significa oggi riformismo”.

Tra il 2010 e il 2012 ha insomma preso forma nel Pd un’area ‘riformista’ e ‘socialista’, legata al socialismo europeo, di cui ‘i quarantenni’ Stefano Fassina, Matteo Orfini, Andrea Orlando e Nico Stumpo, sono gli esponenti di punta. Area che si è allargata all’esterno verso il Psi di Riccardo Nencini e verso Sel di Nichi Vendola, con l’obiettivo per ricomporre l’elettorato di sinistra sparso, e che si va completando nel suo assetto complessivo con l’aggettivo ‘laica’ prima di ‘riformista’ e di ‘socialista’.

Molti i fiancheggiatori: dal gruppo degli eurodeputati al segretario generale della Cgil, Susanna Camusso che non nasconde le origini socialiste e “lombardiana da sempre”; dal ‘laboratorio politico’ composto da ex-sindacalisti della Cgil (Guglielmo Epifani, Carlo Ghezzi), della Cisl vicini a Pierre Carniti (Emilio Gabaglio, Pier Paolo Baretta) e della Uil (Franco Lotito), da ex-parlamentari (Pietro Folena, Edo Ronchi) e da dirigenti nazionali (Sergio Gentili), ad esponenti come Fausto Raciti, segretario dei GD, Gianni Cuperlo, Alfredo Reichlin, Giuseppe Vacca e Vincenzo Visco.

Forte dei numerosi consensi, Bersani, a differenza di Renzi, ha cominciato a prendere le distanze dal governo Monti: alcuni atti politici, la revisione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, la legge di stabilità, le norme sulla scuola, non sono stati graditi. E dal mondo della finanza, “…deve essere a disposizione dell’economia reale e non l’inverso”.

Pur riconoscendo il lavoro di Monti in ambito internazionale, Bersani pensa a “un’agenda italiana, non di Monti o di Bersani, che metta al centro il lavoro” e rivendica il diritto di voto: “il punto è se abbiamo diritto di votare e avere, come altri Paesi, una maggioranza politica”.

produci_consuma_crepa.jpg Viceversa Renzi, esauritosi il consenso per la campagna ‘rottamazione’ neutralizzata dal volontario disimpegno di dirigenti come Walter Veltroni e Massimo D’Alema e altri, forte dell’appoggio dei cattolici non solo del Pd, del presidente dell’Anci, Graziano Del Rio, di pezzi importanti dell’imprenditoria (Fiat) e della finanza (David Serra), considera irrinunciabile ‘l’agenda Monti’ e Monti stesso ‘una risorsa’ da utilizzare in futuro: il prossimo esecutivo, per Renzi, deve caratterizzarsi su una linea di continuità con l’esecutivo Monti e quindi con le forze neoliberiste europee.

In ballo c’e’ certamente il futuro assetto del Pd (leaderschip e nuovo gruppo dirigente, senza escludere scissioni verso il centro) e il nuovo esecutivo (Premier e squadra di governo). Ma la virulenza di questo scontro non si capirebbe a pieno se si trascurasse la sfida aperta in Europa tra i due modelli di società: o quello neoliberista o quello progressista.

(nella seconda foto in alto Martin Schulz leader del SPD tedesca).

Carlo Patrignani

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Carlo Patrignani
Carlo Patrignani vive a Roma. Laureato in Scienze Politiche con una tesi in Diritto del Lavoro, giornalista professionista (18.61987) presso l'Agi (Agenzia Giornalistica Italia) di Roma e collaboratore con riviste (Lavoro e Informazione di Gino Giugni), quotidiani (l'Avanti!) e settimanali (Rassegna Sindacale della Cgil). Autore di due libri 'Lombardi e il fenicottero' - L'Asino d'oro edizioni 2010 - e 'Diversamente ricchi' - Castelvecchi editore 2012. Oggi in proprio, freelance.