La rivincita degli outsiders: Il canto stonato della Sirena, di Monica Florio.

È fresca di stampa la raccolta di racconti “Il canto stonato della Sirena”. Racconti di una città smarrita di Monica Florio, in cui l’emarginazione viene colta nelle sue molteplici cause: genetiche, sociali, sessuali. Protagonisti delle storie narrate sono, non a caso, eterni outsider di cui viene sottolineata non la diversità bensì la normalità, frutto di sogni e di aspirazioni comuni a tutti noi.

Sono loro a prendersi una rivincita nei confronti di un’esistenza vissuta aggrappandosi a piccole illusioni nel tentativo di rovesciare la condizione di vittime di un destino in apparenza già segnato. Scenario di queste vicende di handicap, disadattamento e omosessualità è la Napoli dei nostri giorni che, nel suo irreversibile degrado, appare come una sirena dal canto stonato, svenduta da un ambiente culturale sempre più cinico e salottiero.

Di seguito pubblichiamo la recensione di Renato Scognamiglio:

Se è vera la massima alleniana – “L’uomo ha bisogno di illusioni come dell’aria che respira” – ben vengano i sogni e le fantasie per colorare il nostro presente e sperare in un domani migliore.
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Perché le illusioni – l’arte, la religione, persino l’amore – sono un po’ come l’oppio, un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi, in primis per chi vive in una condizione disagiata come i personaggi della raccolta di racconti “Il canto stonato della Sirena” di Monica Florio (Ilmondodisuk Libri, pp. 144, € 13,00). Disadattati, omosessuali, portatori di handicap sfilano come su di un palcoscenico immaginario con le loro verità scomode di fronte alle quali la massa vorrebbe chiudere gli occhi, prigioniera del meccanismo difensivo della “resistenza”. Ma l’emarginazione non appartiene solo a questi orgogliosi e ironici outsiders e ci accompagna talvolta nel corso dell’adolescenza per essere superata nell’età adulta con l’ingresso nel mondo del lavoro e la creazione di un proprio nucleo familiare. Tuttavia, il ricordo di quei momenti deprimenti si imprime dentro di noi, alimentando il terrore di fallire e di diventare come chi non ce l’ha fatta.

È quanto accade in “Profumo di mimosa” a Marina nel momento in cui si imbatte in Wanda, “la sfigata” incontrata all’ufficio postale: eppure è proprio quest’ultima a venirle in soccorso nel momento del bisogno, segno che non siamo mai veramente soli come sembra. Due donne, differenti per estrazione sociale e sensibilità, destinate a scontrarsi come le giovani protagoniste di “Amicizie improbabili”, la cui rivalità si infrange di fronte alla consapevolezza della comune solitudine.

La comprensione quale soluzione ideale per arginare la crescente intolleranza? Conoscere se stessi è il primo passo per accettarsi, un processo complesso quanto necessario come accade in “Round finale” all’amatore di tanti morbosi reality-show che reagisce alla delusione (il suo idolo televisivo fa coppia con un transessuale) rimettendosi in discussione e abbandonando la casa di famiglia, simbolo di un’educazione rigida e superata.

L’ipocrisia – quella di una madre borghese che abusa del figlio piccolo in “Come ali di gabbiano” – ha vita breve: la vendetta di chi ha subito è quasi peggiore dell’offesa ricevuta (si veda la mano destra deturpata e coperta da un guanto di pelle) e il Male può annidarsi ovunque, persino tra chi ci è caro. Emblematico, a tal riguardo, “La fortezza” che riprende il topos della “casa maledetta” per raccontare il disadattamento attraverso la vicenda di due amici d’infanzia ritrovatisi da adulti, canovaccio già sperimentato nel nostalgico “Battuta di caccia”.

E se alcuni personaggi del libro sono un campionario di nevrosi e ossessioni (Freud sostiene che “La nevrosi è oggi quel che in altri tempi era il convento, in cui solevano trovare rifugio tutti i delusi della vita e tutti coloro che si sentivano troppo deboli per affrontarla”), la capacità di reagire insita in ognuno di noi e di accogliere le sfide – rispondendo al richiamo di un canto così flebile da ridursi ormai a un sussurro – sostiene anche i più deboli e riottosi, come l’intellettuale del racconto “L’invito”, la cui ribellione si manifesta sotto forma di una fantasia che non tarderà, ci si augura, ad avere un seguito nella realtà

Renato Scognamiglio

Psicologo e counselor napoletano

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