Resistenza o Liberazione

Arrivano festeggiati il 25 Aprile e Primo Maggio. Due date che ci riportano al dovere di ricordare, di informarsi e di partecipare. Un dovere democratico ineludibile in un paese che probabilmente è molto più unito e solidale di quanto lo si voglia rappresentare.

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

Quando si leggono questi versi di un poeta (e giurista) come Piero Calamandrei (ingiustamente poco studiato) si mantiene viva e fiorente la memoria: è necessario. E’ utile rinverdire un ricordo lontano di sofferenza, serve ai giovani, lo si ripete spesso; ma quanta eredità di quel sangue è oggi ancora pregnante in questo contesto stracolmo di corruzioni e di malgoverni? Occorre rinverdire la storia.

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E occorre una nuova Resistenza e non solo fisica per sopportare quanto di pesante si è costretti a subire a causa di ataviche pessime gestioni del Bene comune. Sarà il caso che prenda piede una ragionevole convinzione collettiva che porti ad una Liberazione da scorie, o da individui che hanno determinato il “male comune”. Consorterie strabiche che hanno occupato la scena per proprie convenienze, immemori di quell’evocazione che a Calamandrei proveniva dal profondo del cuore, da convinzioni di libertà e di umanità mai sopite. Una dittatura quantunque “soffice” è pur sempre una dittatura. Allora hanno combattuto invano i nostri padri?

Abbiamo “delegato” per troppo tempo in nome di una democrazia il cui vento soffia sempre alto: se ne sono appropriati immeritatamente coloro che poi l’hanno umiliata. Da bene collettivo a bene economico, dove il lavoro rimane una chimera per le nuove generazioni, precarietà è la parola ricorrente. Tutto è caduco in un sistema onnivoro di capitali come piovre.

La festa della Liberazione cade dunque a ridosso di quella del Lavoro: dal 25 Aprile al Primo Maggio la distanza sembra breve. Per la Storia, con le sue coordinate scritte con la sofferenza, rimangono date imprescindibili: per rifletterci, per meritare Altro. “Libera nos a malo”.

Armando Lostaglio

P.S. (testo a cura dell’ANPI)

Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue « gravissime » condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l’impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che – anzi – gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli… un monumento.

A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, con la famosa epigrafe riportata sopra (recante la data del 4.12.1952, ottavo anniversario del sacrificio di Duccio Galimberti), dettata per una lapide « ad ignominia », collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l’avvenuta scarcerazione del criminale nazista.

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

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