Meridionali al nord: Differenze e diversità.

Tarantella e bolognese, tra voglia di sole e nebbia in Val Padana.
Il tema dell’immigrazione si rimpossessa degli italiani, ancora una volta specie i meridionali.
Un difficile confronto culturale e mentale dove più che la diversità è la differenza che può unire.

Meridionali al nord… e ancora più su… già rido e piango

Durante uno scambio di battute con la mia amica Melina, su quello che ci manca del nostro paese e sulle vacanze di quest’estate, ho riflettuto ancora su cosa significhi essere meridionale. Argomento che sempre di più mi interessa e mi fa riflettere su me stessa. Io e Melina siamo due antipodi, due origini divese, lei belga e io siculo/pugliese, due infanzie diverse, due lingue diverse. Ci siamo incontrate a Bologna durante gli studi, colleghe del Dams di Bologna.

La nostra amicizia è stata anche curiosità da entrambe le parti proprio per le nostre differenze, che col tempo non si sono attenuate ma forse adesso più di prima ci saltano agli occhi, d’altronde, chi dice le differenze culturali debbano sparire, sarebbe terribile!
Queste differenze io le ho viste tutte, con l’Italia del nord e con i miei amici stranieri, Bologna è per chi studia un porto di mare, le nazionalità sono tantissime e le curiosità culturali che ne derivano insospettabili.

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Insospettabile il fatto che una ragazza turca possa essere affine con me più di una bolognese… o che i ragazzi tunisini mi diano più sicurezza per la strada che dei ragazzi americani considerati più civili ed educati.

Credo che noi meridionali, al contrario di quello che vogliamo far sembrare, facciamo degli sforzi immani per integrarci, mi viene da dire all’estero, allo stesso modo del nord Italia, perché la differenza è minima. Passata Roma… tutto cambia! E si fa finta di essere ancora italiani, dopo ore e ore di treno in condizioni di viaggio da veri migranti corriamo in doccia e scappiamo a fare l’aperitivo. Ma non è ridicolo???

cervelli-oin-fuga.jpg Da buoni immigrati, lavoriamo come pazzi per mantenerci all’università, aiutati da genitori che fanno salti mortali a spedire quell’affitto di merda, alto come se si vivesse a Montmartre. Diamo gli esami a tempi record, o rallentiamo la carriera inesorabilmente a causa del lavoro, di amori inconcludenti..e sì perché essendo più emotivi includo anche questa clausola, di solito facciamo il possibile per trattenere le emozioni dirompenti, facendo un po’ i nordici col controllo delle emozioni..ma dove vogliamo andare??

Siamo una comunità dispersa, una macro identità confusa, ci facciamo spedire i pacchi pieni di cibo da giù come se si fosse in guerra e non ci fossero supermercati (dopo sto aperitivo a casa due friselle ci stanno sempre bene…), non riusciamo a mangiare il pane di su, ma non sopportiamo la mentalità di giù soffocante, ignorante, opprimente, di chi i cazzi suoi non se li fa mai e mai se li farà, ci manca il mare e il profumo delle nostre dolci nonne, i loro baci… ma scappiamo, scappiamo tutti, lontano. A cercare lavoro, a cercare speranza, a cercare di respirare anche in un posto che non è nostro e che forse non ci piace davvero. Ma respirare è necessario, altrimenti non si sopravvive…

E’ da un po’ che si usa ballare la tarantella, la vedo ballare nei locali a Bologna dopo il pezzo rock di turno (di recente ho frequentato Villa Serena per chi sa…) e spesso mi sono chiesta: ma che cazzo c’entra la tarantella adesso?? E allora vedi folle di persone… tutti stranieri e veneti… ah ah, che si esaltano a ballarla. Non comprendo, continuo a non comprendere. Ma non ci dovevamo integrare?? Siamo proprio degli immigrati, abbiamo bisogno di fare gruppo, mangiare friselle e stare con i nostri conterroni?? Siamo degli immigrati che fanno finta di non esserlo, tutto qua. All’estero sono tutti molto affascinati dalla tarantella, la ballano, quest’anno verranno in massa in Puglia a vedere i concerti e ci andremo anche noi. Immigrati anche a casa nostra.

Stendo un manto regale sotto i piedi di tutti quei meridionali che ‘viaggiano’ per cercare lavoro, doppio strato di manto a quegli studenti e studentesse che nemmeno ventenni sono partiti a studiare e lavorare, ma di questa condizione non bisogna vergognarsene, ma bisogna andarne fieri. Condizione inconcepibile, per quei ragazzi stranieri che si spostano grazie alle loro carte di credito ormai consumate dall’adolescenza segnata da esperienze diverse dalle nostre sicuramente, e con il loro Ryanair a offerte pazzesche, ragazzi agevolati, differenti.
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Che queste differenze ci uniscano, ci facciamo comprendere cose che nemmeno sospettavamo, ci facciano rendere conto che le cose non sono uguali per tutti.
Chi gioca a ballare la tarantella per due giorni con i pantaloni strappati o con la gonnellina folkloristica poi torna a Parigi, in Olanda, in Svizzera a bere il solito aperitivo raccontando la tenerezza di quel ballo così suggestivo.

Perciò… la favola insegna che è meglio non far finta di essere quello che non si è in un posto che non è casa nostra, ma rispettare la nostra cultura e le nostre origini guardandole in faccia e combattendo per tutto quello che ci sembra ingiusto, perché queste ingiustizie diventeranno invisibili anche a noi stessi nello stupido tentativo di omologarci a uno stile di vita che non ci appartiene e a dei valori che non sono i nostri.

Le diversità diventano categorie e ci dividono, le differenze ci uniscono e ci mostrano la nostra vera identità, ci fanno smettere di essere invisibili.

Emanuela De Siati

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Emanuela De Siati
Emanuela De Siati, nata a Mazara del Vallo in Sicilia nel 1980. Ha una laurea in Storia e Critica del Cinema e una magistrale in Italianistica presso l'univesità di Bologna dove vive. Scrive e disegna per alcune riviste e siti on line. Cura due blog personali : http://emanueladesiatidisegni.blogspot.it/ e emanueladesiati.wordpress.com

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